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L’Italia torna a Verona: quel precedente del 1989…

L’Italia torna a Verona: quel precedente del 1989…

20 aprile 2016

La nazionale italiana di calcio torna a Verona. Lo farà lunedì 6 di giugno alle 20.45 per un’amichevole contro la Finlandia. Sarà l’ultimo test prima del campionato europeo in terra di Francia. Il primo ad applaudire è stato l’assessore allo sport Alberto Bozza: «questo risultato è motivo di orgoglio per la città; grazie al concreto di tutto il mondo sportivo veronese, la nostra città avrà l’onore di ospitare la Nazionale italiana, che giocherà al Bentegodi l’ultima amichevole prima della partenza per i campionati europei». Gli azzurri non si vedono allo Stadio Bentegodi dal secolo scorso. L’ultima volta fu un sabato di un lontano 22 aprile 1989.

Arrivò in riva all’Adige l’Uruguay. C’era il mite Azeglio Vicini. Finì 1-1, ma ciò che fece notizia e scattare una storica punizione della Federazione per la città e il suo stadio furono gli insulti alla nazionale, i fischi all’inno di Mameli, il disprezzo per i morti di Sheffield durante il minuto di silenzio, l’assenza di pubblico – solo 13.891 spettatori paganti – e una città spaccata nel giudizio su quell’episodio che fece il giro del mondo. Mai più la Nazionale a Verona si disse allora.

«Quei fischi rientrano nella logica del calcio, sono il prodotto di una cultura e di un sistema» aveva detto l’allora assessore comunale allo sport Graziano Rugiadi. Ci fu anche chi sostenne che il pubblico che paga il biglietto ha tutto il diritto di fischiare, soprattutto se l’incontro è una farsa. E anche questa volta il match ripropone solo un’amichevole. Solo che in quella occasione Palazzo Barbieri, sede del municipio, fu tappezzata di scritte, come lo stadio Bentegodi contro la Nazionale, contro il sud, contro i terroni.

«La gente veneta ha lottato duramente per mandar via dalla propria terra gli austriaci», aveva replicato l’assessore regionale allo sport, il socialista (c’erano ancora il socialismo…) Giancarlo Brunetto, «ora per una minoranza di esaltati la città non deve subire l’onta di una facile strumentalizzazione».

Ci aveva provato anche l’allora Procuratore della Repubblica Guido Papalia a fermarli, con la prima inchiesta in Italia per associazione per delinquere. Anche l’allora presidente Ferdinando Chiampan si era messo alla testa di una crociata contro la violenza, invitando i tifosi a denunciare i responsabili dei disordini. Tutto inutile. Il risultato fu che da allora, nonostante reiterati tentativi, la Nazionale da queste parti non si è più vista. Si vede però che non c’è memoria. E allora siamo qui con il fiato sospeso per vedere quello che accadrà. 

È bastata una trasferta a Napoli, dove sono stati fatti entrare il ritardo allo stadio San Paolo e dove li hanno tenuti “prigionieri” 3 ore dopo il triplice fischio. Risultato: è arrivata la comunicazione del giudice sportivo di una multa di 15 mila euro per avere «intonato cori insultanti per motivi di origine (oggi si dice così) territoriale».

(vvox.it)