«Noi non siamo distratti, viviamo la realtà quotidianamente: siamo un movimento vero e proprio e guardiamo tutto quello che ci sta attorno. Siamo padri, figli, fratelli, genitori, amici, ancor prima che tifosi. Tutto ciò che va oltre il calcio – conferma la voce della Curva – lo commentiamo, lo analizziamo e se possiamo fare qualcosa la
facciamo». Una presenza che, a livello sociale, è costante. «A Natale organizziamo sempre una raccolta alimentare, portiamo giocattoli al policlinico – ci confermano i tifosi della Nord – ci occupiamo dei senza tetto che dormono nei pressi del Duomo, spesso dimenticati dal Comune. Non è una novità per noi». Oltre le etichette politiche, ma sempre attenti a ciò che accade: «Abbiamo fatto striscioni su barconi della morte, terremoti e anche argomenti scientifici – ribadiscono gli ultras – tematiche che vanno ben al di là del calcio giocato».
La risonanza di uno striscione, infatti, può essere ben più grande di messaggi passati attraverso giornali e social network. La volontà finale è anche quella di abbattere una idea di ultras basata su divisioni e violenze: «Alcuni errori sono sicuramente stati fatti e si dovevano evitare – ribadiscono dalla Nord – ma la stragrande maggioranza delle nostre attività riguarda vita, sostegno e gioia, senza alcun tipo di distinzione tra ceti sociali». Tutti uniti dall’amore per i colori rossazzurri: «In Curva si trova l’avvocato, il disoccupato, lo studente, il medico. Ma quando si tifa, nessuno mette in mostra ciò che rappresenta: il calcio ha una importante valenza sociale, non è solamente un gioco».In questo clima, la goliardata e lo sfottò verso i rivali è elemento imprescindibile. «I derby vanno giocati e vinti e i successi contro il Palermo, da questo punto di vista, non possono essere paragonati a nessun’altra vittoria».
Parlare di odio però è sbagliato: è una sana rivalità quella che divide le due principali anime della nostra Isola. Una rivalità colma di rispetto che, ovviamente, si ferma davanti a tragedie come quella successa la scorsa settimana a Casteldaccia. «Quando si guarda la tv e si vede un padre che piange i propri cari non si può rimanere indifferenti – argomentano i portavoce della Nord -. Anche baciare i figli prima di andare a lavorare ogni mattina, dal giorno della tragedia, ha assunto una valenza diversa, più amplificata». Perché il dolore, così come la gioia, è un sentimento collettivo e universale: «Non bisogna essere palermitano per soffrire per una cosa del genere, il loro dolore è anche il nostro»