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“Andate allo stadio prima di sparlare…”

“Andate allo stadio prima di sparlare…”

7 gennaio 2019

Da “Il Foglio”: può essere utile, andare qualche volta allo stadio, perché poi capita, come la settimana scorsa, che tocchi scriverne, o parlarne, e si rischiano paragoni sgangherati e/o “analisi” imbarazzanti.

Anche in questa occasione Repubblica ha spiccato sulla concorrenza, scrivendo che “Koulibaly è l’eroe gemello di Mimmo Lucano”, e che “il buu razzista è il medesimo”. Di quali “buu razzisti” sia stato fatto oggetto Mimmo Lucano, non sapremmo dire, ma a Repubblica li avranno sentiti. E nemmeno sapremmo dire cosa c’entri Koulibaly col tema dell’accoglienza. Ma è di sicuro un nostro limite.

Altra cosa che non riusciamo bene a capire è cosa si intende quando si parla di “ultras”, e negli ultimi giorni se ne è parlato spesso: si intendono gli aderenti ai gruppi? Perché se è così, davvero stiamo parlando di qualche migliaio di persone in tutta Italia, quasi tutte note sia alle forze dell’ordine sia ai vertici delle società, e facilmente controllabili e circoscrivibili. Ma chi, ogni tanto, si avventura in uno stadio, sa bene che non è così, perché nei fatti, negli stadi, gli ultras (quasi nessuno deliberatamente violento, quasi tutti potenzialmente violenti, almeno verbalmente) sono molti di più dei “militanti”: anche per contare gli ultras, come per i “buu”, bisogna ricordarsi che lo stadio è un universo chiuso, che la partita, con i suoi riti, esclude tutto il resto, e quello che succede dentro lo stadio non si può analizzare con i criteri di fuori. Tutto cambia, in quel microcosmo: le persone, i gesti, le parole, i significati, i confini. Può non piacere, ma è così.