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Buffon e gli ultras

Buffon e gli ultras

10 gennaio 2019

In una lunghissima intervista rilasciata a Vanity Fair, Gigi Buffon ripercorre la sua carriera e i suoi momenti privati. Ecco quanto raccolto dalla redazione de IlBianconero.com

GIOVANE ULTRAS - “Ero nel ‘Commando Ultrà Indian Tips’, era il nome del gruppo di tifosi che seguivano la mia Carrarese. Ce l’ho ancora stampato sui guanti. Lì incontravo gente di cui si parla tanto, ma non se ne sa nulla. Sono ragazzi normali, sognatori e idealisti. Alcune persone interessanti, altri sono deficienti. Inter-Napoli? Se affonda un barcone a Lampedusa, se muoiono 300 persone ci commuoviamo, pensiamo ad adottare i bambini orfanii. Ma se non affonda ci lamentiamo dell’ingresso degli immigrati e ci chiediamo cosa facciano qui. Difficile provare a contestualizzare quello che è successo a Milano. L’odio è un vento osceno, non solo in unos tadio. Ho il forte sospetto che il calcio reciti soltanto da pretesto”. 

DA RAGAZZO - “Covavo una sensazione d’onnipotenza, da ragazzo. Di invincibilità. Mi sentivo indistruttibile e pensavo di poter eccedere, di fare quello che volevo. Quella sana follia dei vent’anni me la tengo stretta, ho fatto le mie cazzate, ne ho assaporato il gusto e in unc erto senso sono contento di non essermene dimenticata neanche una. Scala? La risposta garbata, sì. Si girò verso di me, mi guardò come nessuno ha mai fatto: era furibondo, e aveva ragione. Non drogarsi, non doparsi, non cercare altro fuori da te sono principi che i miei genitori mi hanno passato. A 17 anni, quando in discoteca mi mettono una pasticca sulle labbra, io so come e perché dire di no. Giusto forse un tiro di canna fatto da ragazzo, e  quella nuvola di fumo che avvolge i tifosi della Casertana, una nebbia provocata non dai fumogeni, ma da 200 canne fumate tutte insieme: è come se la vedessi ora””.