La ricostruzione dei fatti che hanno portato alla spaccatura tra la Curva Nord dell’Inter e Mauro Icardi, indegno capitano nerazzurro, manipolato dalla moglie/agente e dalle sue voglie di farlo apparire come super-uomo, a scapito di una tifoseria magari non perfetta, ma sempre molto generosa e, per questo, meritevole di altri rappresentanti sul rettangolo verde.
Tutto è partito da alcuni passaggi di un libro autobiografico di Icardi uscito da pochi giorni, pubblicati sabato dai giornali: gli ultras della curva interista li hanno ritenuti offensivi nei loro confronti, e hanno prima diffuso una smentita delle storie raccontate da Icardi in cui gli chiedono di togliersi la fascia da capitano, e poi lo hanno contestato pubblicamente. Domenica pomeriggio c’è stata Inter-Cagliari, e la curva ha esposto uno striscione che insultava Icardi. Durante la partita, poi, Icardi ha battuto un rigore: gli ultras lo hanno fischiato, lui lo ha sbagliato, loro hanno esultato. L’Inter ha perso 2 a 1, in una partita che in teoria poteva vincere agilmente. Dopo la partita i dirigenti dell’Inter hanno detto che avrebbero valutato che provvedimenti prendere con Icardi, in un’apparente critica al giocatore. Lunedì sera, l’Inter ha diffuso un comunicato in cui dice che Icardi rimarrà capitano, ma che pagherà una multa.
Il guaio tra Icardi e la curva Nord di San Siro, quella degli ultras dell’Inter, è anche oggi sulle prime pagine dei giornali sportivi italiani: la Gazzetta dello Sport titola “Inferno Inter”, mentre il Corriere dello Sport si chiede in prima pagina se Icardi possa andare al Napoli. Le ragioni del litigio non sono però recenti: Icardi e gli ultras della curva non hanno mai avuto buoni rapporti. Icardi ha 23 anni, è argentino e arrivò all’Inter nel 2013 dalla Sampdoria: da qualche anno è uno degli attaccanti più forti della Serie A, e uno dei più promettenti del mondo. Nella stagione 2014-2015 è stato capocannoniere della Serie A (insieme a Luca Toni), con 22 gol, e in quella successiva è diventato capitano dell’Inter, sostituendo Andrea Ranocchia, un difensore che, se possibile, ha rapporti ancora peggiori con i tifosi, e che è sempre stato contestato. Secondo quantoaveva spiegato lo stesso Icardi, la decisione di sceglierlo come capitano fu presa dall’allora allenatore Roberto Mancini. Icardi però ha sempre mostrato un carattere forte, secondo molti spesso arrogante: questo, unito al fatto che è molto giovane e che l’Inter negli ultimi anni è andata male e non ha vinto niente, ha fatto nascere le altalenanti antipatie con gli ultras: Icardi è spesso criticato perché secondo qualcuno non dimostra sufficiente maturità per essere un capitano e per la stessa decisione di pubblicare un’autobiografia a 23 anni e senza avere ancora vinto trofei significativi. In passato è stata spesso criticata anche Wanda Nara, moglie di Icardi, accusata di non svolgere seriamente il suo lavoro da agente del giocatore.
Nel suo libro, che si chiama Sempre Avanti, Icardi a un certo punto racconta che dopo Sassuolo-Inter del febbraio 2015, finita 3 a 1 per il Sassuolo, andò a confrontarsi con i tifosi, che avevano contestato la squadra (che aveva perso la partita precedente contro il Torino, e pareggiato quella prima ancora contro l’Empoli). La parte del libro che ha provocato il litigio dice:
Mi tolgo maglia e pantaloncini e li regalo a un bimbo. Peccato che un capo ultrà gli vola addosso, gli strappa la maglia dalle mani e me la rilancia indietro con disprezzo. In quell’istante non ci ho più visto, lo avrei picchiato per il gesto da bastardo appena compiuto. E allora inizio a insultarlo pesantemente: ‘Pezzo di merda, fai il gradasso e il prepotente con un bambino per farti vedere da tutta la curva? Devi solo vergognarti, vergognatevi tutti’. Detto questo gli ho tirato la maglia in faccia. In quel momento è scoppiato il finimondo. (…) Nello spogliatoio vengo acclamato come un idolo… I dirigenti temevano che i tifosi potessero aspettarmi sotto casa per farmela pagare. Ma io ero stato chiaro: ‘Sono pronto ad affrontarli uno a uno. Forse non sanno che sono cresciuto in uno dei quartieri sudamericani con il più alto tasso di criminalità e di morti ammazzati per strada. Quanti sono? Cinquanta, cento, duecento? Va bene, registra il mio messaggio, e faglielo sentire: porto cento criminali dall’Argentina che li ammazzano lì sul posto, poi vediamo’. Avevo sputato fuori queste frasi esagerate per far capire loro che non ero disposto a farmi piegare dalle minacce. (…) Un capo storico viene da me: pretende ancora le mie scuse. (…) Non devo chiedere scusa a nessuno di voi, se vi va bene perfetto, altrimenti ciao… Oggi fra me e i tifosi della Nord c’è rispetto reciproco, come è giusto che sia. Anche loro hanno un ruolo importante per il successo della squadra.
Sul sito della curva Nord dei tifosi interisti è stata pubblicata nella sera di sabato una risposta dei rappresentanti degli ultras. Si intitola “Icardi, la parola fine”, e accusa Icardi di essersi inventato la storia della maglia e del bambino, «per mostrarsi superiore a noi». La risposta dice che «ci piacerebbe non rivangare quella giornata dove i suoi compagni di squadra erano arrivati a prenderlo per il collo pretendendo da lui un atteggiamento meno arrogante nei confronti del popolo interista. Ma non perché la Curva è da temere, la Curva è semplicemente da rispettare. Nessuno deve avere paura di nessuno, basta avere la coscienza pulita, essere onesti, primariamente con se stessi». Gli ultras dicono che Icardi non ha accettato il loro invito ad andarli a trovare nel posto dove si ritrovano solitamente, e continuano dicendo: «ci dipinge come oscure figure minacciose che ruotano intorno all’ambiente Inter pretendendo chissà cosa. Quando l’unica cosa che chiediamo è impegno ed onestà». La risposta si conclude dicendo:
Un individuo del genere non può indossare la fascia di capitano. A prescindere dal nostro pensiero, esulando dalla nostra presa di posizione. L’Inter non lo merita. Scritto ciò, per essere chiari, specifichiamo: Icardi con Noi ha chiuso. TOGLITI LA FASCIA. PAGLIACCIO. Questo, ora si, lo pretendiamo.
Icardi prima della partita contro il Cagliari di domenica ha condiviso su Instagram un post in cui ha provato a chiarire la questione, dicendo di sapere che dopo la partita con il Sassuolo «avevo sputato fuori frasi esagerate (ed il verbo sputare già rende l’idea di quanto inopportuna fosse stata la mia reazione)». Ha scritto anche di essere dispiaciuto per la parte riguardante i criminali argentini, e ha aggiunto: «se uno avesse un minimo di sale in zucca non rischierebbe di offendere la propria curva, strategicamente se fossi stato in mala fede avrei usato parole accattivanti nei vostri confronti. Non l’ho fatto perché nessuno voleva offendere o mancare di rispetto a nessuno». Alla fine del post, Icardi ha scritto che stima la curva e che spera che contro il Cagliari i tifosi sostengano almeno la squadra. Domenica a San Siro gli ultras hanno esposto uno striscione con scritto: «Non sei un uomo, non sei capitano, sei solo una vile merdaccia».
Durante la partita Icardi è stato oggetto di molti cori offensivi, finché ha battuto un rigore: la curva Nord lo ha fischiato e ha esultato quando lo ha sbagliato. Gli altri tifosi allo stadio, invece, hanno sostenuto Icardi durante la partita.
L’Inter ha iniziato molto male questa stagione di Serie A: nonostante un attivo mercato estivo, la squadra ha deluso le aspettative e ora è undicesima in classifica, con solo 11 punti. Dopo la partita con il Cagliari, la dirigenza dell’Inter è sembrata prendere le distanze da Icardi: è stata una scelta insolita e criticata, perché normalmente in questi casi le società difendono i propri giocatori. L’Inter invece è sembrata legittimare le proteste degli ultras, prima con il vicepresidente Javier Zanetti, poi con Piero Ausilio, direttore sportivo della squadra, che ha detto: «ci sono state situazioni che non sono piaciute a noi come non sono piaciute ai tifosi, direi giustamente. Domani avremo il tempo di valutare, insieme anche a lui, perché è giusto comunque che il ragazzo si prenda le proprie responsabilità, ne venga a parlare in società con noi, e poi prenderemo sicuramente delle decisioni».
Dopo la partita, un gruppo di ultras ha esposto sotto casa di Icardi uno striscione con scritto: «Noi ci siamo, quando arrivano i tuoi amici argentini ci avvisi o lo fai da infame?»
Ma il tutto non si sarebbe limitato solo all’esposizione dello striscione sopracitato. Secondo la testimonianza di Massimo Brambati, ex giocatore, procuratore e oggi opinionista per l’emittente 7Gold, sarebbe successo di più: «Sono abituato a vedere entrare e uscire calciatori dal mio palazzo, vive lì anche Maurizio Ganz. Ho assistito alla scena: hanno aggredito la macchina di Icardi, erano in 40 di cui una decina fermi. Il peggio è stato scongiurato per l’intervento del portinaio del condominio, membro di una cooperativa di sicurezza, che si è presentato fuori dal condominio con una pistola in bella vista».
«Non è successo nulla al nostro rientro, siamo entrati in casa senza alcun problema». Wanda Nara, moglie e agente dell’attaccante dell’Inter, FcInter1908, conferma che non ci sarebbe stato nessun contatto tra gli ultras e il giocatore, poiché Icardi e la famiglia erano già rientrati in casa.
Lunedì c’è stato un incontro tra Icardi e i dirigenti dell’Inter: la Gazzetta scrive che c’erano Zanetti, Ausilio e il Chief Football Administrator Giovanni Gardini, e che è durato 70 minuti. L’Inter ha poi diffuso un comunicato in cui si dice che Icardi rimarrà capitano della squadra, ma che dovrà pagare una multa «per aver violato il Regolamento Interno del Club, sottoscritto da ogni giocatore». Sempre la Gazzetta scrive che nelle prossime ristampe del libro di Icardi, la parte sull’episodio dopo la partita contro il Sassuolo sarà eliminata. Il comunicato riporta anche delle ulteriori scuse di Icardi, che ha detto:
Oggi ho parlato con la Società, abbiamo chiuso questa brutta parentesi e, tutti insieme, abbiamo un solo obiettivo: il bene dell’Inter, perché niente è più grande dell’Inter. Per questo motivo ho accettato ogni decisione del Club. In futuro cercherò di essere molto più attento, cosa che il mio ruolo nella squadra impone.
(Il Post/Il Messaggero)