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EXTRA CALCIO – Quel poliziotto infiltrato al G8 di Genova

EXTRA CALCIO – Quel poliziotto infiltrato al G8 di Genova

18 aprile 2017

C’è una foto, nei giorni del G8 di Genova del 2001, che lo riprende davanti a una barricata. Rod Richardson ha un caschetto, una mascherina da saldatore e una maschera antigas. Sembra un perfetto “black bloc”. 

Nel 2013, dopo una serie di articoli del Guardian, la polizia inglese, incalzata da una commissione parlamentare d’inchiesta di Londra, a svelare la verità: Rod Richardson era un poliziotto infiltrato, che assunse l’identità di un bimbo morto e visse sotto copertura tra i movimenti anarchici inglesi per almeno quattro anni. La notizia è stata oggi ripresa da Il Secolo XIX. È la prima volta dal 2001 che arriva una conferma ufficiale a quanto gli attivisti del Genoa Social Forum hanno sempre denunciato: erano presenti anche ‘provocatori’ mischiati tra i manifestanti del blocco nero, tra i quali appartenenti a forze dell’ordine.
Naturalmente esiste una sostanziale differenza fra infiltrati e provocatori. Se è vero, come è logico che sia, che ci fossero molti infiltrati (delle forze dell’ordine italiane o anche di quelle straniere a questo punto) va detto che la loro utilità è stata decisamente scarsa visto il quasi nullo apporto alle indagini per scoprire i black bloc. Specie quelli stranieri.

Resta da capire, ma a questo punto, a meno di fotografie o filmati che lo dimostrino senza ombra di dubbio, se l’infiltrato inglese abbia commesso atti di violenza contro persone o cose. Una ricerca sarebbe possibile nel database sterminato raccolto dalla procura di Genova per l’indagine per devastazione e saccheggio. Ma bisognerà vedere se in qualche modo l’indagine possa essere riaperta.

La rivelazione è il risultato di anni di lavoro della commissione guidata dal magistrato inglese Sir Christopher Pitchford, il cui mandato è di fare luce sull’uso disinvolto degli agenti undercover infiltrati dalla polizia britannica.
Cosa ha fatto durante gli scontri del G8 e che ruolo ha avuto Rod Richardson? Ha coordinato o organizzato azioni violente? E, in tutto questo, a chi riferivano e quale era la loro missione? A queste domande la polizia metropolitana di Londra si è rifiutata di rispondere. Così come la commissione si è vista negare l’accesso alla vera identità di Richardson. Il quotidiano inglese The Guardian ha però rintracciato la madre del vero Rod Richardson, nato il 5 gennaio del 1973 e morto lo stesso giorno al St George Hospital di Tooting, per problemi respiratori “Riteniamo che un ufficiale di polizia abbia rubato l’identità del bimbo – ha testimoniato l’avvocato della famiglia Jules Carey davanti alla commissione – e che sia stato impiegato sotto copertura almeno dal 2000 al 2003″. Dopo quell’anno parte per un viaggio in Australia e nessuno ne sente più parlare.
A certificare il suo passaggio da Genova nei giorni del 2001 ci sono svariate testimonianze e alcune fotografie, fornite da alcuni ex compagni di lotta. Chi è davvero Rod Richardson, cosa ha fatto per le strade di Genova nel 2001 e a chi rispondeva? La Procura di Genova è stata informata dei recenti sviluppi. Non è escluso che il caso possa portare a nuovi accertamenti anche se dopo 16 anni il reato di devastazione e saccheggio, che prevede pene durissime, sia avviato alla prescrizione.

“L’avevamo detto subito sedici anni,fa in quelle tragiche giornate genovesi: ‘Tra i Black Bloc  ci sono infiltrati e agenti provocatori’  _ dichiara Vittorio Agnoletto, all’epoca portavoce del Genoa Social Forum _  ora la conferma ufficiale proviene direttamente da Londra, da una commissione d’inchiesta presieduta da un magistrato. Tale ammissione è importante anche se giunge fuori tempo massimo quando i processi per quegli eventi si sono ormai conclusi; la tempistica non è casuale: gli eventuali reati commessi da  Rod Richardson, il nome fittizio dell’agente che ha agito sotto copertura, sono ad un passo dalla prescrizione, anche in questo caso l’impunità è comunque garantita”.  “Ma la notizia – aggiunge – ripropone comunque alcune domande di fondamentale importanza: certamente Richardson non era l’unico agente infiltrato, ve ne erano senza dubbio altri, inglesi, ma anche italiani e molto probabilmente di altri Paesi partecipanti al G8. Non risulta che tali infiltrati abbiano agito per bloccare le azioni dei gruppi nei quali si erano inseriti. Qual’era allora il loro reale obiettivo?” E ancora “appurato che un agente straniero ha partecipato o perlomeno favorito o comunque fiancheggiato nel nostro Paese iniziative che la magistratura ha sanzionato con pene gravissime cosa aspetta il nostro governo ad emettere una nota ufficiale di protesta verso la Gran Bretagna e ad aprire un caso diplomatico? Cosa si attende prima di chiedere l’estradizione dell’agente per sottoporlo ad un regolare processo in Italia, con l’obiettivo,per esempio di fare ulteriore chiarezza sulle zone buie che ancora permangono sui fatti di quei giorni? Se nulla di tutto questo sarà fatto – conclude – sarà più che legittimo ritenere che il nostro governo e i nostri Servizi Segreti fossero da sempre informati di tali fatti e che anzi queste infiltrazioni fossero ampiamente concordate tra gli Stati nell’intento di creare una situazione che potesse giustificare una repressione violentissima contro tutto il GSF. In tal caso spetterebbe alla nostra magistratura appurare se nel comportamento dei vertici politici e istituzionali e dei responsabili apicali degli apparati dello Sato di allora non siano ravvisabili comportamenti penalmente sanzionabili. Verrà aperta un’inchiesta?”.

(Repubblica)