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Fenomenologia dei cori da stadio

25 maggio 2017

Da noi il calcio è una vera e propria religione e i suoi inni sono una parte fondamentale di ogni partita. Siamo andati a spulciare negli archivi delle società sportive e nelle collezioni dei tifosi per ricostruire la storia e l’evoluzione dei nostri cori da stadio più famosi. Dai grandi autori degli anni 30, fino alle rivisitazioni delle hit di tutto il mondo. Ecco cosa cantiamo dopo il fischio d’inizio. 

Dove nascono i cori da stadio più famosi dello sport mondiale?

Bastano poche parole e una melodia orecchiabile per infiammare gli spalti di uno stadio, un campo di terra o le gradinate di un palazzetto. I cori sportivi sono parte integrante dell’esperienza da spettatore, ma hanno anche un forte impatto su coloro che giocano, guadagnandosi senza dubbio un posto di riguardo nella routine di qualsiasi tifoseria. Ma da dove nascono i cori da stadio che fanno da colonna sonora a ogni evento di sport a squadre nel mondo?

Sebbene siano ormai uno degli ultimi baluardi culturali tramandati oralmente, i cori da stadio più utilizzati hanno una genesi tutt’altro che tradizionale. Il meccanismo di selezione e di composizione delle colonne sonore di eventi sportivi di calcio, rugby o basket si basa, infatti, prevalentemente sul meccanismo del riconoscimento. Le tifoserie di tutto il mondo hanno un preciso obiettivo: far cantare in coro il maggior numero di spettatori possibile. Per fare questo, pescano a piene mani dal repertorio delle hit più conosciute e amate, estrapolandone una melodia che sia famosa, ritmata e semplice da seguire. Su di essa vengono poi innestate semplici frasi di incoraggiamento, brevi, facili da ricordare e preferibilmente in rima, in modo che anche il tifoso meno avvezzo possa facilmente unirsi al coro in ogni momento della partita. L’esempio supremo? Estate 2006, l’Italia vinse i mondiali di calcio e in ogni strada del paese rimbombava quel potente pooo-po-po-po-po-pooo, che altro non era se non “Seven Nation Army” dei White Stripes.

 

Andando a spulciare negli archivi delle società sportive e nelle collezioni dei tifosi, si trovano testimonianze scritte che svelano come la prassi dell’innesto su musica preesistente fosse la regola in Italia già a partire dai primi anni ’30. Uno dei primi canti da stadio italiani appartiene alla tifoseria della Roma e venne scritta dal poeta Toto Castellucci per celebrare l’ottima stagione, che si concluse con l’infuocato 5-0 contro la Juventus del 15 marzo 1931.

La “Canzone di Testaccio” fu scritta appositamente per quella specifica occasione, ma per il suo accompagnamento musicale Castellucci sfruttò un brano dell’anno precedente, “Guitarrita”, tango composto da Bixio Cherubini e Armando Fragna per il film “La canzone d’amore” di Gennaro  Righelli. Nel 1932, la “Canzone di Testaccio” diventò anche colonna sonora del film “Cinque a zero” di Mario Bonnard, basato sull’epica partita contro la Juve, andando di fatto a sdoganare la pratica della fusione tra cori sportivi e basi musicali altrui. Per almeno altre due decadi i cori calcistici italiani continuarono a innestarsi su musica popolare e brani regionali, ma, con l’arrivo del boom economico degli anni ’60, l’offerta di pezzi a cui attingere raggiunse livelli nazionali inediti. 

Con il fiorire dell’economia italiana dopo gli anni della seconda guerra mondiale, anche il cittadino medio inizia a potersi permettere i nuovi feticci dell’intrattenimento casalingo. L’ondata consumistica a cavallo tra gli anni ’50 e gli anni ’60 segna anche un incremento vertiginoso nella vendita dei dischi, che adesso possono essere ascoltati nella privacy della propria casa. Le tifoserie calcistiche di tutto il paese iniziano quindi a saccheggiare i nuovi fenomeni musicali del momento per accompagnare i propri incitamenti allo stadio, abbandonando le arie d’opera e gli stornelli a favore di Rita Pavone, “Bandiera Gialla” e Raffaella Carrà. La prassi diventa regola e ogni gruppo di tifosi è ormai costantemente alla ricerca del pezzo perfetto per i propri cori, che iniziano a risuonare anche in mezzo a bandiere di diversi colori, in nome di quel processo di unificazione culturale avviato dall’espansione a tappeto della tecnologia domestica.

La caccia alla base perfetta non ha risparmiato genere o epoca. Nonostante si fosse consolidato l’utilizzo delle hit pop, le tifoserie hanno continuato nel tempo a utilizzare brani di provenienza assolutamente eterogenea. Se la Sampdoria si è impossessata di “Il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano, la Roma ha risposto con “La notte vola” di Lorella Cuccarini, mentre Napoli e Verona si sono spinti fino all’”Aida” di Giuseppe Verdi.

Basta prestare attenzione alle melodie per riconoscere i brani più famosi che sono entrati nella tradizione della musica sportiva: dietro a “C’è solo un capitano” si cela “Guantanamera”, sotto “Non mollare mai” sentirete “You are not alone” di Michael Jackson, mentre il “Dai cantate insieme a me” della Fiorentina va a pescare nella dance anni ’90 di “Doo Dah” dei Cartoons. I tifosi del Napoli sono tra i principali fornitori di cori del paese e hanno il primato della creazione su “Un giorno all’improvviso”, adattato da “L’estate sta finendo” dei Righeira, e su “Ho visto Maradona”, con la base musicale di “Oh mama, mama”, utilizzato poi per un numero infinito di giocatori. 

Dal canzoniere sportivo internazionale arriva anche uno dei cori più diffusi e iconici d’Italia, chiamato di solito “Totalmente dipendente”, anche se di rado i brani sportivi hanno un vero e proprio titolo. Questo inno all’amore per la squadra viene dall’Argentina, dove lo chiamano “Vengo dal barrio de Boedo” e che in origine seguiva la melodia di “Bad Moon Rising” dei Creedence Clearwater Revival.

Generazione Ultras
La gestione del tifo allo stadio, specialmente in Italia, è affidato a gruppi organizzati e peculiari. Coloro che oggi chiamiamo Ultras prendono in prestito il termine francese che indicava la frangia oltranzista dei sostenitori monarchici di inizio ‘800. Il primo gruppo regolamentato da una gerarchia nasce nel 1968 a sostegno del Milan, ma coloro che hanno utilizzato per primi il termine Ultras sono stati i tifosi della Sampdoria nel 1969 con gli “Ultras Tito Cucchiaroni”, seguiti da Torino, Firenze e Bologna nel corso della prima metà degli anni ’70.

Le parole dei cori sportivi vengono studiate e approvate proprio all’interno di questi circoli, che si occupano anche di scegliere la musica su cui inserirle e la coreografia a cui accompagnarle. I metodi di diffusione dei nuovi cori sono in primis fisici. Ogni coro neonato debutta infatti prevalentemente nel suo ambiente naturale, nella socialità dello stadio o del palazzetto di turno. Prima dell’avvento dei mezzi di riproduzione audio/video questo era anche l’unico metodo esistente e la successiva introduzione delle cineprese amatoriali ha ampliato relativamente il raggio di azione. Il vero punto di svolta è arrivato con internet e i social network. Oggi ogni tifoso può aggiornarsi sulle novità dei cori sportivi andando semplicemente su Youtube, vera e propria miniera d’oro dove si trovano migliaia di esempi italiani e internazionali. 

Il metodo creativo basato sui tormentoni e l’accesso illimitato alle composizioni altrui ha finito per uniformare la proposta musicale sportiva in modo veramente affascinante. Pensando anche soltanto all’Italia, dove il calcio è pressoché una religione, colpisce per parossismo come squadre diverse, che magari non disdegnano di insultarsi seguendo la rete di faide e rivalità nazionali, si trovino spesso a utilizzare gli stessi cori, le stesse melodie e addirittura le stesse parole, con variazione minime! Capita, infatti, che anche all’interno della medesima partita ci siano due squadre che utilizzano lo stesso coro, ma le tifoserie sono le prime a non stupirsi, dato che si servono senza problemi del patrimonio compositivo comune, proprio come vuole la tradizione.

(Rockit.it)