Abbaglio del Washington Post sulla bandiera confederata utilizzata nelle curve d’Europa…
Questo l’articolo comparso il 23/6 sul sito di ADNKronos.
“Dai pennoni degli edifici statali della South Carolina e di tanti luoghi, pubblici e privati del sud dell’America, alla curva degli ultras del Napoli, come nel 2012, nel quarto di finale di Champions League contro il Chelsea, a Stamford Bridge. La bandiera sudista, per gli americani simbolo dei 13 stati confederati e spesso odioso ricordo della guerra civile, con il suo connotato razzista, sventola anche fuori dai confini degli Stati Uniti. Un uso più o meno improprio e più o meno consapevole, sul quale si sofferma la stampa americana all’indomani della strage nella chiesa afroamericana di Charleston per mano del 21enne bianco Dylann Roof, che nel suo delirio razzista su Internet si era fatto fotografare proprio mentre sventolava quel vessillo. Nel pieno delle polemiche sull’opportunità di issare ancora la bandiera confederata e dopo che la governatrice del South Carolina Nikki Haley ha annunciato l’intenzione di rimuoverla dagli edifici pubblici, il Washington Post fa notare che proprio i tifosi partenopei hanno fatto di quel vessillo uno dei loro simboli. Le ragioni di questa appropriazione, come scrisse lo storico Don Harrison Doyle nel suo libro del 2002 ‘Nations Divided’, risalirebbero all’annessione del Meridione nel Regno d’Italia durante il Risorgimento. Come i sudisti americani, i tifosi del Napoli rivendicherebbero così la propria irriducibile appartenenza alla parte sconfitta dal Nord, rifiutando l’autorità dei vincitori. Tuttavia, secondo il quotidiano statunitense, ci sarebbe anche un altro motivo, assai meno eroico, per cui alcune frange del tifo calcistico più estremo amerebbero sventolare la bandiera confederata. Ed è proprio per i motivi per i quali in America si chiede da più parti di ammainarla definitivamente: il suo significato razzista. Del resto, che il razzismo e l’antisemitismo siano una delle espressioni più odiose delle tifoserie più violente, purtroppo non è un mistero. A fare compagnia, si fa per dire, ai tifosi italiani, ci sarebbero anche gli ultras di club come il Real Madrid e l’Olympique Marsiglia, anch’essi grandi fan della bandiera sudista. E c’è da scommettere, secondo il Washington Post, che se la bandiera verrà definitivamente proibita in South Carolina, questo non farà che renderla ancora più popolare tra i tifosi di calcio in Europa, aumentandone il fascino di simbolo anti-sistema“.
In generale, un discorso che secondo noi non sta in piedi vista l’ambivalenza che si vuole affibbiare alla bandiera. Ovviamente la bandiera sudista non è stata esposta dai tifosi del Napoli solo a Stamford Bridge, anzi. Secondo poi, come ci confermano in tanti, ha sempre avuto il valore di rappresentare, seppur di riflesso il Sud Italia (mentre veniva esposta anni fa dagli Ultras Sur a Madrid con altra valenza e dagli ultras marsigliesi con la stessa di quelli napoletani solo che con la connotazione della Francia Meridionale). E a proposito di questo abbiamo trovato un pensiero molto interessante dello scrittore Vladimiro Bottone sul Corriere del Mezzogiorno…
“Un’area culturale che per comodità chiamerò sudista – e che sarebbe riduttivo etichettare come neo-borbonica – ha fatto oggetto di attenzione critica il mio ultimo romanzo, Vicaria. Le attenzioni, specie se sono spie di qualcos’altro, si ricambiano. Ora è il mio turno. Io non commetterò l’errore di trattare quell’area con sufficienza. Poiché comprende anche storie personali nutrite di passione e cultura. Ma soprattutto perché siamo di fronte ad un movimento po-li-ti-co e la Politica si maneggia con il rispetto dovuto alla più grande medicina e al più potente veleno dell’Umanità. Della dimensione politica il sudismo possiede alcune caratteristiche salienti: a) un Nemico; b) una mitologia coerente con l’evocazione di quel nemico e traducibile in simbologie e slogan capaci di mobilitare l’opinione pubblica. Si badi: la mitologia – fondativa di ogni movimento politico e indispensabile perfino ai padri costituenti – non è sinonimo di menzogna o favola. Equivale, piuttosto, ad un rileggere la Storia attraverso il taglio della spada: di qua il Bene (i nostri), di là il Male (il Nemico). Nessuna gradazione intermedia è consentita, poiché il Nemico deve assommare la Colpa e portarla come una divisa (se occorre come una camicia di forza). Il sudismo ha dunque un’epica: l’epopea del brigante, figura eroica capace di esaltare al contempo il ribellismo e il sanfedismo, tenendo insieme descamisados e gentiluomini di camera. Ma la mitopoiesi del sudismo realizza, soprattutto, una nuova narrazione della vicenda meridionale all’atto dell’Unità e dopo l’Unità. L’Unità come annessione illegittima e processo di colonizzazione del Mezzogiorno; come rottura di una società ben governata che aveva in sé tutte le chance per giocarsi in modo più che competitivo la partita della modernità. L’Unità come causa necessaria e sufficiente del mancato sviluppo meridionale. Questo insieme di assunti, che contiene parti di vero assolutizzate a Verità e dunque trasfigurate in mito politico, nasce da due sentimenti che rispetto. Un certo amore per la terra dei padri, la «patria napoletana». E, insieme, il desiderio di non doversi più vergognare della propria storia […]
Ma se tutto fosse circoscritto a questo – alle opinioni di persone distintissime innamorate della storia locale – potremmo limitarci a qualche schermaglia da presentazione libraria. Non è così, invece. Questi discorsi da cenacolo, prima o poi, completeranno la loro naturale gestazione e troveranno l’incubatrice giusta. Quella che permetterà all’ideologia sudista di compiere il salto dimensionale necessario per nascere al mondo della politica. E, quindi, di venire pesata elettoralmente. Qual è quest’incubatrice? Rispondo con un indovinello. In quale luogo si è resa visibile, in una dimensione di massa, la prima contrapposizione virulenta ed esplicita fra Nord e Sud del dopoguerra? Dov’è che si mobilitano, si incanalano e si politicizzano, da più di trent’anni, le pulsioni pre-politiche della società italiana diventando manifestazione di un credo, rito collettivo e comunione identitaria? Nel catino degli stadi (vero che ci siete arrivati da soli?). Come quel San Paolo, superstite emblema dell’orgoglio municipale, dove l’unica versione della storia recita: il Napoli è ciò che avrebbe potuto essere se non fossero state perpetrate, ai suoi danni, le ruberie da parte della machiavellica squadra sabauda capace di colonizzare il Belpaese calcistico con la violenza della frode, falsando così lo svolgimento di quella che dovrebbe essere una leale competizione fra territori. Manca poco, dunque. Quando la nuova fede politica sudista e l’antica fede calcistica troveranno il loro punto di fusione nel crogiolo del tifo, avremo bella che pronta una lega nuova di zecca. Quella Lega Sud che, a condizioni invariate, la società meridionale è destinata a partorire intercettando il malessere psicologico, nonché le sostanziose ragioni, di ceti e mondi accomunati dalla battuta d’arresto, su ogni piano, del Mezzogiorno d’Italia. Una Lega Sud uguale e contraria, nonché complementare, a quella padana. E’ bene? E’ male? Non saprei: sono soltanto un romanziere. Di sicuro, al fondo di questo processo, l’Italia sarà vicina a fratturarsi ulteriormente nelle matrici del suo stare insieme. Proprio come l’Europa terremotata di questi giorni – e per motivi in fondo analoghi – scinde le sue opinioni pubbliche fra euro-scettici nordeuropei ed euro-scettici mediterranei, simmetrici come gli orli di una faglia. Perché tutto questo? Ah, amici miei: ma io sono solo un romanziere…”