Lo chiamano anche il Tempio, il Madison Square Garden. Per la sua sacralità e la sua storia. Perché calpestare questo parquet, pattinare su questo ghiaccio o combattere su un ring qui dentro è sempre stato il sogno di qualunque sportivo. Domenica pomeriggio nel Tempio è calato un silenzio religioso. I New York Knicks per l’intera metà della sfida contro i Golden State hanno deciso di fare un salto indietro nel tempo. Hanno spento completamente i decibel degli enormi schermi elettronici, aboliti la musica e gli show durante i time-out. Basta kiss cam, eliminate le cheerleaders, niente «charge» o «de-fence» in musica per accendere l’entusiasmo della folla. Una rivoluzione.
SENSAZIONE Poco prima della palla a due, sul tabellone nero è apparsa una scritta bianca: «La prima metà della gara di oggi sarà senza musica, video e intrattenimenti. Così potrete sperimentare il gioco nella sua forma più pura. Godetevi i suoni della partita». E così è stato. «Wird», sensazione strana, hanno commentato molti. «Come giocare a basket durante un funerale«, lo ha definito il polemico Frank Isola del Daily News. «Sembrava di essere in chiesa», ha detto spiritosamente Steve Kerr, coach degli Warriors. «Come spegnere i computer e tornare all’era della carta», ha detto Draymond Green. Una generazione di spettatori viziata dall’elettronica ha potuto «ascoltare» per la prima volta la partita: le voci dei giocatori, il rumore del rimbalzo del pallone e pure il suono tutto particolare della gomma delle scarpe che fa attrito sulla superfice del campo. Tutto intorno: silenzio. Almeno nel primo quarto, quando i Knicks sono andati sotto come da copione con la prima della classe. Poi nel momento della rimonta nel secondo periodo, il Garden si è scaldato. Un’atmosfera più naturale del solito, come nei nostri palazzi e nei nostri stadi. Ma nella Nba non ci sono gli ultrà, il ruolo di capo-tifoso lo ricopre proprio lo schermo che da decenni (negli Anni ’50 c’era l’organo, che esiste ancora ma con un ruolo ormai sempre più marginale) ritma gli incitamenti e invita l’esclusiva clientela (almeno a New York) a sgolarsi e battere (improbabili) record di fracasso.
ANNUNCIO Ma all’inizio la gente è rimasta zitta, come spiazzata dalla singolare trovata. Pure l’annuncio del quintetto di casa è stato fatto senza musica e i consueti spari di cannone. «Wird», appunto. Sulla vicenda è andato giù pesante il colorito Draymond Green di Golden State: «È stato patetico, ridicolo: ha cambiato il ritmo del match». E poi è stato ancora più tranciante: «Ma avete visto il primo tempo? Ha influenzato pure le prestazioni sul campo. Molte disattenzioni, poca voglia. Mi auguro che non si ripeta più». Stephen Curry era più conciliante: «Mi ha ricordato i tempi del liceo. Anzi, pure lì c’era la musica. Direi una situazione più simile a quando ci scaldiamo e non c’è nessuno: solo i tuoi compagni. Ho letto la scritta sul tabellone. Volevano che la gente si godesse i rumori della partita: una gran bella definizione». Ma il suo coach, Kerr, ha scovato un paragone più divertente: «La stessa pace di una chiesa: dopo tutto non era domenica?». Già.
(Gazzetta)