Nell’Italia dei Comuni, non sarebbe possibile narrare passato e presente di una qualsiasi realtà municipale, se si escludessero le vicende legate alle tifoserie. E’ la premessa per leggere “Noi siamo dorici”: 384 pagine sulla storia del movimento ultras di Ancona. Un libro capace di fotografare uno spaccato della società, fatto di sport e solidarietà, violenza e ribellione anti-sistema. Quando c’era un’Ancona fatta di giovani che vivevano il quartiere rivendicando l’identità cittadina in giro per l’Italia. A scrivere il libro sono stati proprio alcuni dei protagonisti: gli ultras appunto. Lo hanno fatto partendo dai ricordi sbiaditi degli anni ’70, quelli del terremoto che mise in ginocchio la città, ma anche delle prime tifoserie organizzate. E se ancora qualcuno pensa che, come recita un vecchio coro, gli ultras siano nati quando “Forse per caso dei ragazzi in curva nord si ritrovaron per cantare Ancona olè…”, scoprirà come le cose non siano andate esattamente così. “Noi siamo dorici” ripercorre la storia attraverso la memoria di chi ha fatto del tifo organizzato uno stile di vita basato sulla passione per il football, l’adrenalina da stadio, i boati delle curve, le bandiere issate al cielo fino a far scoppiare i muscoli delle braccia, fino agli scontri con le altre tifoserie e le forze di Polizia. E la fede, imprescindibile, per i colori biancorossi. Era il 1975, l’Anconitana era in serie C. Fu quella la prima volta che apparve uno striscione con scritto: “Ultras”. C’era la “Fossa”, primo esempio di tifo organizzato ad Ancona, a cui successero altri gruppi storici come “Ultras Ancona”, “Brigate Biancorosse” e poi ancora lo storico il “Collettivo” fino alla “Curva Nord” di oggi. C’è l’anno dello spostamento dalla gradinata del Dorico, vera culla del tifo anconetano, alla curva. Gli anni ’80 in cui i gruppi entrarono in crisi per poi rinascere sotto la bandiera di Ultras e al grido “Sono tornate le Fosse e le Brigate, siam tutti armati, siam tutti fedayn…”. Le divisioni politiche, capaci di lacerare i rapporti sportivi. E poi le trasferte, gli stadi, le tifoserie. L’amicizia con quelli della Vigor Senigallia e della Jesina, rovinata da eventi di devastazioni e violenza di cui, racconta il narratore, “un ultras non dovrebbe mai andare fiero”. E ancora aneddoti, personaggi, i derby con l’Ascoli. Sullo sfondo il calcio che cambia, in peggio a sentire qualunque curvaiolo, e diventa “calcio moderno”. Il libro scopre il sapore amaro della nostalgia di altri tempi, quando il rapporto tra tifoseria e società era distinto. Quando essere ultras era un’altra cosa. Quando era il calcio ad essere un’altra cosa.
Cristiano Moroni lei è uno storico ultrà e ha partecipato alla stesura di un libro che parla di voi. Ma perché un libro sugli ultras?
«Questo libro ha due scopi. Primo quello di rendere partecipi le nuove generazioni e anche chi non ci conosce di ciò che siamo stati e abbiamo fatto, con le nostre virtù e anche quella parte socialmente meno accettata. Noi siamo questi e non ce ne vergognamo. E’ un lavoro durato due anni che ha completato anche noi perché quella storia l’abbiamo vissuta sì, ma ognuno di noi non conosceva a pieno determinati periodi storici. Secondo la speranza di rievocare la passione per l’Ancona in un periodo di stanca come quello attuale».
Il libro ha anche questo retrogusto amaro per la differenza tra passato e presente. Cosa è cambiato?
«La svolta epocale è stata la morte dell’ispettore Raciti e di Gabriele Sandri. Da lì abbiamo assistito ad un inasprimento di leggi, un fenomeno repressivo vero. Ma anche le curve sono cambiate perché per qualcuno sono diventate un business, ci sono curve completamente gestite da persone che col mondo del calcio non hanno nulla a che fare. Anche il calcio è cambiato, con le pay tv e un campionato spalmato su più giornate, non c’è più la ritualità della domenica, ormai il calcio è una cosa loro».
Eppure in questo libro si parla anche in modo crudo di scontri e veri episodi di violenza per cui parte dell’opinione pubblica vi condanna. Alcuni legittimi per voi, altri quasi motivo di vergogna. Ma quel è il limite per un ultrà?
«Per un ultrà c’è lo scontro con gli altri ultrà e non la devastazione. Ci sono delle regole non scritte anche se alla fine ognuno lo vive a modo suo. Prima del 2007 c’era l’ultras che, oltre al canonico tifo, si confronta con un altro gruppo per la supremazia, la difesa del territorio. Concetti che nascono da un amore spropositato per la città in cui vivi. Se un gruppo arriva e porta rispetto alla tua città ok, quando non c’è quel rispetto l’ultras si erge come a paladino della città. E’ uno scontro tra ultras, ma non vale tutto. C’è stato un percorso evolutivo per cui 30 anni fa ci stava che si arrivava in 50 e si devastava un treno. Oggi non é così. La cultura ultras si è evoluta, ci riferiamo a questo quando parliamo di mentalità. Se qualcuno se la prende con il primo che passa é delinquenza e con noi non c’entra»
Senta ci racconti un paio di episodi per cui vale la pena leggere questo libro.
«Uno è stata la nascita degli Ultras Ancona all’inizio degli anni ’80, quando ha incominciato a prendere forma il primo vero gruppo ultras in cui si mise da parte la politica per essere tutti uniti. Un altro gli scontri con la Lazio al Dorico nell’88 perché per la prima volta ci dovemmo confrontare con un vero gruppo, quasi militarizzato, negli anni noi abbiamo fatto tesoro di quell’esperienza in cui alcuni si tirarono indietro e altri no e lì capimmo di chi ci si poteva fidare, iniziando un percorso che forse oggi ha portato alla Curva Nord».
Cosa c’è nel futuro del tifo organizzato di Ancona?
«Questo libro ci spinge ad una riflessione: noi, nonostante tempi duri in cui si sono perse persone di valore, ci siamo sempre ritrovati tra chi è unito dall’amore per la maglia e l’Ancona. E via tutto il resto. Oggi Curva Nord ha scelto di tesserarsi per fare le trasferte, lo abbiamo fatto per i giovani che devono fare esperienza in giro per l’Italia. E’ un regalo che facciamo a chi dovrà costruire il futuro del tifo anconetano, un regalo come questo libro che è una memoria che noi, al tempo, non abbiamo avuto il privilegio di avere»
(Ancona Today)