Prosegue in Turchia lo scontro sulla Passolig (la “tessera del tifoso” turca), che vede contrapporsi la federazione calcistica turca, da un lato, e gruppi ultras e associazioni di tifosi dall’altro. Le origini della Passolig sono riconducibili all’approvazione nell’anno 2011 dellalegge 6222, finalizzata – nelle intenzioni allora proclamate – alla prevenzione della violenza in occasione delle manifestazioni sportive. Tale normativa introduce il biglietto elettronico, associato al numero di carta d’identità del possessore del titolo d’accesso allo stadio.
A seguito delle proteste di piazza del 2013, quando le principali tifoserie di Istanbul manifestano contro l’allora primo ministro Erdoğan a difesa di Gezi Park, il dibattito politico sul controllo del tifo calcistico e delle sue forme di organizzazione si fa più serrato. Un mese dopo gli incidenti in Trabzonspor- Fenerbahçe del 10 marzo 2014, la federazione calcistica turca decide di introdurre una tessera obbligatoria per l’acquisto dei biglietti delle partite di campionato (di prima e seconda divisione: restano escluse le competizioni europee e la coppa nazionale), portando a più stringenti conseguenze l’humus normativo offerto dalla legge sulla violenza nello sport approvata nel 2011. La tessera in questione è l’ormai famigerata Passolig, acquistabile in tre versioni (carta di credito, di debito e prepagata) e contenente i principali dati personali del titolare, oltre a una sua fotografia. Lo strumento adottato in Turchia è pertanto ancor più vincolante della tessera del tifoso italiana, obbligatoria quest’ultima per l’acquisto degli abbonamenti stagionali e dei biglietti dei settori ospiti, ma non per l’acquisto dei biglietti dei singoli incontri (a meno di specifici divieti di polizia).
La reazione della gran parte dei tifosi turchi non si fa attendere, e si sviluppa su due fronti. Le tifoserie manifestano in strada, nuovamente unite dopo i giorni delle battaglie di Gezi Park: scontri con la polizia si verificano in occasione di un corteo unitario di più di quaranta gruppi ultras turchi contro la Passolig. Al contempo i tifosi organizzati boicottano gli stadi, che si svuotano rapidamente. Nei primi mesi della stagione 2014/15 la media delle presenze negli stadi turchi è inferiore ai 10 mila spettatori, con una riduzione di oltre il 50% rispetto al campionato precedente. La situazione incide negativamente anche sull’appetibilità del calcio nazionale, al punto che l’Ülker, suo principale finanziatore, decide nel gennaio 2015 di interrompere le sponsorizzazioni di Galatasaray, Fenerbahçe e federcalcio.
L’opposizione alla Passolig percorre anche la via giudiziaria. Molti tifosi, sotto l’egida di alcune associazioni (tra cui Taraf-Der, “Unione di solidarietà per i diritti dei tifosi”), si rivolgono alla magistratura contestando in particolare uno dei profili più controversi della tessera, e cioè l’abbinamento obbligatorio a un circuito bancario riconducibile all’allora misconosciuta Aktif Bank, di recente creazione e di proprietà del genero di Erdoğan. Aktif Bank diviene infatti detentrice dei dati personali e bancari di tutti coloro che intendano accedere agli stadi di Turchia: li condivide con la polizia e le autorità calcistiche e ne può fare uso per finalità commerciali. Non solo: l’acquisto della carta comporta l’attivazione di un conto presso la stessa Aktif Bank.
Nel novembre 2014 il Tribunale dei diritti dei consumatori rinvia alla Corte costituzionale turca la questione della compatibilità costituzionale del sistema normativo della legge 6222 e dei suoi corollari applicativi, a cominciare dalla Passolig. È una differenza significativa rispetto a quanto avvenuto in Italia, dove la Corte costituzionale (che giudica la costituzionalità delle leggi, ma non delle fonti del diritto a essa sottordinate) non ha competenza in merito allatessera del tifoso, essendo stata quest’ultima introdotta a mezzo di una semplice circolare ministeriale, e non di una legge. Nell’attesa della decisione della Corte Costituzionale turca, la questione diviene terreno di scontro anche politico, giacché i principali partiti di opposizione(CHP e HDP) – in vista delle elezioni del 2015, che saranno poi vinte dall’AKP di Erdoğan –promettono l’eliminazione della Passolig.
La Corte costituzionale si pronuncia nel novembre 2015 con una decisione cerchiobottista: da un lato ritiene la compatibilità costituzionale della normativa sul biglietto elettronico (e, quindi, della Passolig) e dall’altro afferma l’avvenuta violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali, determinata dal possesso in capo a un soggetto terzo (Aktif Bank) dei dati personali degli acquirenti la tessera. La decisione della Corte di ritenere illegittima la possibilità di cedere a terzi il diritto di vendere i biglietti elettronici degli incontri di calcio è una prima vittoria delle associazioni dei tifosi. Pur trattandosi di organi che rivestono un ruolo non assimilabile nei rispettivi ordinamenti, la pronuncia della Corte turca contiene elementi di analogia con la decisione assunta nel 2011 dal Consiglio di Stato italiano, che ha dichiarato contraria ai principi del Codice del consumo la pratica di abbinare in maniera inscindibile al rilascio della tessera del tifoso anche una carta di credito prepagata di un istituto bancario predeterminato.
In Turchia la palla torna però al Tribunale dei diritti dei consumatori che il 2 marzo 2016 emette una nuova sentenza, fornendo un’interpretazione restrittiva della decisione della Corte Costituzionale: per la corte consumeristica, Aktif Bank non è legittimata a condividere con terze parti i dati dei tifosi, ma non è essa stessa una terza parte, sicché il sistema-Passolig può legittimamente continuare nel solco della sua impostazione iniziale, dovendosi soltanto vietare l’abusivo trattamento esterno dei dati da parte della banca. Festeggia così la federazione calcistica, massima sostenitrice della tessera del tifoso insieme al governo; annuncia invece nuove iniziative, ora dinanzi il Consiglio di stato, l’associazione Taraf-Der.
La battaglia giudiziaria, che si protrae da due anni, non pare dunque essere giunta a conclusione. Nel frattempo emergono le prime crepe in seno al movimento di opposizione alla tessera: alcune tifoserie si dividono sulla linea da tenere, alcuni ultras – specie quelli appartenenti alle più vecchie generazioni e quelli maggiormente legati alle società calcistiche – propendono per un ritorno negli stadi. Ciò in concomitanza con l’inaugurazione, avvenuta il 12 aprile scorso, della avveniristica e “bollente” Vodafone Arena, nuova sede delle partite interne del Beşiktaş, attuale capoclassifica del campionato.
Sembra un film già visto altrove: norme al limite della costituzionalità; manifestazioni delle tifoserie unite; contenziosi giudiziari; interessi politici; spaccature tra gli stessi tifosi; disaffezione degli spettatori. Un copione senza vincitori, ma con uno sconfitto: la passione della gente. Dall’inferno del vecchio Ali Sami Yen, che fece tremare mezza Europa, alle gradinate quasi deserte, eccezion fatta per la nuova arena del Beşiktaş e per lo stadio, sempre pieno, del sorprendente Konyaspor. La legge della modernità ha così pervaso anche l’atmosfera del calcio turco, che fino a pochi anni fa ne pareva immune. Avanti il prossimo.
(Paolo Reineri/East Journal)