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Roma, primo caso di “domiciliari giornalieri”

Roma, primo caso di “domiciliari giornalieri”

28 aprile 2017

Ieri mattina all’alba è stata eseguita un’ordinanza applicativa di misura cautelare da parte del Tribunale di Roma, nei confronti di 13 tifosi della Roma per fatti risalenti a circa due anni fa. In particolare, ai 13 ragazzi, già destinatari di Daspo relativamente agli stessi fatti, è stato vietato di allontanarsi dal comune di Roma. E fino a qui, a livello cautelare, nulla di nuovo, ne abbiamo viste e riviste, anche se lascia perplessi l’opportunità di un simile provvedimento due anni dopo i fatti che vengono contestati.

La cosa sorprendente è che, unitamente al divieto di allontanarsi dal comune di residenza, i ragazzi dovranno permanere all’interno delle loro abitazioni per tutte le 24 ore dei giorni in cui la Roma è impegnata in competizioni calcistiche. Ed è la prima volta che in Italia viene applicato un provvedimento del genere. Sì, ogni volta che gioca la Roma, 13 ragazzi sconteranno in buona sostanza un giorno di arresti domiciliari! La macchina della repressione, dunque, si dota di strumenti sempre più invasivi, sproporzionati e fino ad ora estranei a qualsiasi contesto giuridico: a nulla è valso, infatti, che tutti i ragazzi fossero già destinatari di Daspo per gli stessi fatti.

Le autorità competenti hanno ritenuto di dover ulteriormente (e in maniera del tutto illogica) inasprire la libertà di alcuni giovani ragazzi, peraltro incensurati, già limitata dal Daspo. Quindi oggi, esistono a Roma 13 ragazzi che possono vantare lo score di ben tre misure restrittive: obbligo di dimora, domiciliari quando gioca la propria squadra di calcio e Daspo. Si crea di fatto una situazione paradossale in cui è ormai evidente il disamore nei confronti di questo sport: nello specifico questi 13 ragazzi, che hanno dedicato energie tempo e denaro per la propria passione, da oggi sono costretti a tifare contro la propria squadra. Infatti, ogni 90 minuti di partita della Roma sono un giorno in più di domiciliari. Questo tipo di repressione, è sintomatica di una linea di pensiero secondo la quale il nemico della società civile è l’ultras: evidentemente oggi, una qualsiasi forma di appartenenza sia essa ad una squadra, ad una città, ad una nazione è considerata una minaccia per le istituzioni. Ogni raggruppamento umano che fa dell’appartenenza e dell’esuberanza la propria cifra viene punito sempre più severamente, anche forzando i principi cardine del nostro Ordinamento giuridico.

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