Turchia, “Se chiedere la pace è un crimine, noi ultras siamo criminali”
23 gennaio 2016Nelle provincie del Kurdistan turco dove gli scontri tra popolazione e governo continuano e dove chi chiede la fine delle operazioni repressive, come gli accademici, è preso di mira dal governo entra a gamba tesa l’universo ultras al grido di “chiedere che nessuno muoia non è un crimine”. Si tratta di 27 gruppi di tifoserie organizzate al seguito prevalentemente di Fenerbahçe, Galatasaray, Besiktas che si sono riuniti per manifestare il proprio appoggio alla maestra Ayse (che in diretta tv durante un collegamento telefonico ad uno show aveva chiesto di dare voce alla pace e di mettere la parola fine all’uccisione di innocenti bambini e per questo bersagliata dalle autorità governative e dai movimenti nazionalisti) e agli “Accademici per la Pace”. 27 tifoserie unite in una sola voce, una voce che chiede la fine delle operazioni repressive, del coprifuoco e che promuove un ritorno ad un tavolo dei negoziati.
Qui di seguito il comunicato:
“Noi siamo quelli che vivono per i gradoni, quelli che per chi non vive il nostro mondo pensano solamente al pallone. Probabilmente hanno ragione loro, ma né una maglia di differente colore né un pallone sono più importanti della vita.
Tra di noi litighiamo spesso ma sappiamo che queste terre e questo pallone sono il gusto del vivere assieme e sappiamo che questo gusto può essere sentito solo se c’è pace.
A noi piace quando i bambini giocano con quel pallone che tanto amiamo, non quando giacciono morti a terra colpiti da un proiettile.
Quando le persone vanno a prendere il pane e vengono colpite, la nostra gola si annoda con i bocconi.
Quando le mamme perdono la vita attorno alla tavola che hanno preparato, a noi diventa veleno e immangiabile ciò che mangiamo o beviamo.
Quando i bambini vengono uccisi dalle bombe mentre giocano in casa, il nostro cuore esplode insieme a quelle bombe.
Il governo si riempie da sempre la bocca con lo slogan “non dividiamo il paese”, ma poi perseguita e uccide proprio chi vuole che il nostro paese viva in pace e in armonia tacciandoli come traditori.
In questo paese c’è soltanto una distinzione: chi, guardando un bambino morto a terra colpito da una pallottola, si domanda se quel bambino fosse curdo o meno e chi invece piange tutti i bambini di tutte le etnie.
Ieri la maestra Ayse ha chiesto che non muoiano più bambini ed è stata presa di mira. Noi lo ripetiamo.
Ieri gli accademici hanno detto che quelle pallottole non siano sparate in loro nome e sono stati presi di mira. Noi lo ripetiamo.
Chiunque esso sia, non vogliamo che muoia nessuno e non ci stancheremo mai di urlare che volere la pace non costituisce un reato ma che anzi trasformare una parte del paese in un campo di guerra è un crimine.
Siamo sicuri che chi si è sporcato le mani con il sangue di tutti questi innocenti un giorno pagherà.
Noi chiediamo che cessi il prima possibile ciò che sta avvenendo, che cessi quella tortura che è il coprifuoco e chiediamo che si ricostituisca il tavolo della pace.
La vergogna più grande dell’umanità è la colpa della guerra, una guerra di cui noi non faremo parte.
(Radio Onda d’Urto)