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Tutti contro: i due “poli” della morte di Emmanuel

Tutti contro: i due “poli” della morte di Emmanuel

9 luglio 2016

Mi fa rabbia leggere le ricostruzioni lacunose, i titoli a cavolo di cane, la poca capacità di chi deve narrare una storia come quella dell’assassinio di Emmanuel. Mi ha indignato il fatto che ci siano volute 48 ore perché saltasse fuori il nome del criminale fascio, razzista, che ha infierito a calci, pugni e sprangate fino a uccidere un pover’uomo che difendeva la moglie da un branco di decerebrati. E ora che salta fuori si permette pure di dire che temeva gli volessero rubare la macchina. Capito? Siccome il colore della pelle non è conforme alla razza ariana,  quella era sicuramente una coppia di ladri. Ma allora non si capisce l’insulto razzista: scimmia africana. Avrebbe dovuto dire ladra, o no?
Scuse penose di una situazione penosa. Con un racconto dell’informazione troppo tiepido e puntellato da altre scuse: erano ultras. E che cavolo vuol dire? Stavano dentro uno stadio? Tifavano una squadra? Il comportamento ultras ha una caratteristica sociale e giudiziaria autonoma rispetto al comportamento di un assassino, di uno xenofobo, di un fascista o di un razzista?
Scrive Cecilia Strada: “E poi, attenzione, ucciso da ultrà. Mettiamo subito i puntini sulle i: ucciso da un ultrà, che è altro da noi, noi che viviamo sicuri nelle nostre tiepide case e che siamo perbene; questo è un fatto di sangue isolato, un ultrà, quasi uno sbandato, così come quando a sparare sulla folla è uno dalla pelle scura si pensa subito al terrorismo, se invece è bianco come noi si dice subito che è un folle, un matto, uno che ha avuto un raptus. Un’eccezione, una testa calda, un ultrà. Un’eccezione: così non ci si ferma a riflettere su di noi. Noi tutti, noi che insieme facciamo una società, una società in cui è già successo, senza grandi conseguenze, che si desse dell’orango a ministri e donne delle pulizie, una società che, nel suo insieme, permette di vivere e morire di razzismo, nel 2016. Non ci pensiamo, questo era un balordo; e l’altro, il nigeriano, com’è che si chiamava? Domani passeremo ad altro”.
No, non erano ultras, erano uomini avvelenati da una cultura fascista e razzista. Fomentati da una campagna d’odio che va avanti da anni, nel silenzio delle istituzioni, in trasmissioni televisive che definire da imbecilli è poco, con giornali e giornalisti che per vendere una copia in più darebbero ben più dell’anima al diavolo. Con politici che nelle arene mediatiche sproloquiano senza contraddittorio, e se qualcuno in piazza osa mettere in dubbio la fascistizzazione della società, partono pure i manganelli. Sgomberi e manganelli di Stato in difesa dei mafiosi o dei razzisti che oltraggiano la nostra democrazia e la costituzione.
Provo schifo per la retorica ex post. Perché alle radici di questa sottovalutazione c’è una necessità storica, quella di combattere ogni forma di democrazia reale, ogni forma di solidarietà, ogni spirito umanitario. Senza neanche arrivare a scomodare conoscenze che potrebbero portarci a capire che il fascismo è implicito nell’ingiustizia e l’ingiustizia sociale è alla base del sistema che viviamo. Un sistema che vive e prospera proprio su queste forme di stupidità sociale, di perversione, di povertà culturale che produce e sempre produrrà, povertà morale, sottomissione passiva e ottusa a chi comanda. E richiesta di poche parole chiave per decifrare il mondo.
Poi i media, declinazione di un sistema politico-finanziario che ha necessità di non essere messo in discussione nonostante lo sfacelo e la precarizzazione dell’esistenza, tirano fuori il fazzolettino e mettono su i lacrimevoli pezzi quasi sempre privi di analisi, o se ne contengono, di analisi approssimative. Oggi tutti a piangere per Emmanuel, domani prontissimi a dimenticare le efferatezze subite ovunque dai più deboli della società, lo sfruttamento nei campi di pomodori, le morti per fatica e caldo per somme irrisorie che neanche servono alla sopravvivenze. Tutti a pensare che il problema di via Cupa e dei volontari del Baobab sia il decoro. Con le signore che non cambiano mai canale che ripetono come automi che non è accettabile che dormano in strada e mangino in strada. Già, ma per loro dovrebbero sparire nel niente, in un deserto, ingoiati da un mare. Mica che si possano trovare soluzioni di accoglienza più civili e meno razziste.
Io dico che occorre fare di più. Perché è inutile terrorizzare un Paese allo stremo, occorre evocare quello che sta avvenendo in questo Paese in cui la svolta sicuritaria fascistoide sta creando questi mostri. Mostri schifosi che ti siedono eleganti in tram o al bar: fascisti senza saperlo neanche, razzisti, xenofobi, odiatori di professione di tutti poveri del mondo. Massa di manovra di un sistema che su questa stupidità basa il predominio senza alcuna opposizione.

(Globalist)

La sinistra e quella passione sconfinata per il “brodo culturale”. Quella ricetta fatta di intolleranza, odio per il diverso e un pizzico di fascismo, che fornisce sempre una spiegazione di tutti gli atti, delittuosi o meno, ascrivibili alla categoria “razzismo”. Questa sociologia da quattro soldi è stata protagonista anche nel caso dell’omcidio di Fermo, visto che per trasformare Amedeo Mancini in un “estremista di destra” ai media di regime è bastato davvero poco. Nella caratterizzazione ideologica delle categorie, alla vittima, il povero profugo nonché buon cristiano Emmanuel, è stato contrapposto “l’ultrà già sottoposto a Daspo”, l’”attaccabrighe” raccontato dal Fatto Quotidiano, in un articolo che punta soprattutto sul racconto di qualche concittadino che lo definisce “una testa calda”. Oltre alla difida dallo stadio infatti (già scontata), Mancini non ha nessuna condanna passata in giudicato ed è tecnicamente incensurato. In mancanza di dati concreti a sinistra si punta ad enfatizzare il profilo “fascistoide” del fermano: uno che lavora nei campi, ama il pugilato e frequenta lo stadio, in sintesi uno di quelli che voterebbe Brexit a cui Saviano e Severgnini toglierebbe il diritto di voto.

Ma soprattutto la caratterizzazione politica di Mancini non regge. Il presunto insulto “scimmia!” sembra dettato più dall’ignoranza che da una qualsiasi matrice politica. Lo spiega bene Paolo Calcinaro, il sindaco di Fermo: “È l’ignorantone del Paese, un bullo. Ultimamente aveva preso questa piega intollerante. Qualche anno fa diceva di essere comunista, sempre con quell’atteggiamento prevaricatore. Mancini non sa nemmeno cosa sia, il fascismo. E di sicuro non c’entra nulla con le bombe davanti alle chiese. Non è una persona capace di arrivare a quel livello”. Le parole del sindaco Calcinaro sono molto attendibili, visto che è l’ex avvocato di Mancini. L’assassino di Emmanuel alle scorse elezioni fu un sostenitore del sindaco, visto che la curva della Fermana, che non è schierata a destra, sostenne in massa la candidatura di Calcinaro come dimostra anche questo striscione (FOTO).

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Paolo Calcinaro Amedeo Mancini

 

(Il Primato Nazionale)