Con un comunicato apparso sul proprio sito ufficiale, alcuni gruppi di ultras del Borussia Dortmund hanno annunciato di non volersi recare per protesta a Lipsia, dove sabato pomeriggio la loro squadra affronterà l’RB Lipsia per la seconda giornata di Bundesliga. Boicottaggio in piena regola che non ha nulla a che fare con il Borussia Dortmund, ma con il club di Lipsia e soprattutto con i suoi proprietari, la nota multinazionale austriaca Red Bull.
Il processo di costruzione della neopromossa società di Lipsia va contro qualunque cosa che noi associamo all’idea di calcio. È scandaloso che una branca puramente commerciale di un produttore di bevande austriaco possa giocare nel campionato tedesco: ciò contraddice qualunque valore sportivo. Per quanto ci riguarda, non può che esserci una sola consequenza: il nostro rifiuto di comprare i biglietti e di recarci a Lipsia per il match del Borussia Dortmund.
L’antipatia nei confronti dell’RB Lipsia è a dire il vero condivisa da numerose tifoserie organizzate tedesche, che si sono unite nella campagna Nein Zu RB (No al RB). Lo scorso 22 agosto, tanto per fare un esempio, in occasione della sfida con la Dynamo Dresda, i tifosi provenienti da Lipsia furono accolti dagli avversari con una testa di toro mozzata, un macabro quanto efficace riferimento al simbolo del loro club.
Il motivo che ha elevato l’RB Lipsia al poco invidiabile status di club più odiato di Germania risiede nella sua incredibile escalation: dai bassifondi della quinta divisione, dove nel 2009 la squadra fu raccolta dalla Red Bull quando ancora aveva il nome di SSV Markranstadt, alla Bundesliga in soli sette anni, roba da vertigini. Il tutto grazie alla munificenza della multinazionale di Salisburgo, che dopo aver legato il suo marchio agli sport estremi e alla F1 (4 titoli mondiali in bacheca), ha deciso di espandersi anche nel calcio, fondando club come i New York Red Bulls e risollevando le fortune del Salisburgo prima e dell’RB Lipsia poi.
Ma, scavando più a fondo, si può intuire come il peccato originale non sia tanto l’exploit improvviso di un club fino a quel momento semisconosciuto – ad altri livelli, anche Chelsea, PSG, Manchester City hanno conosciuto rinascimenti improvvisi a botte di dollari – né il fatto che dietro alla società calcistica ci sia una multinazionale (dal PSV al Wolfsburg, sono numerosi gli esempi di squadre-azienda). Ciò che non va giù ai tifosi è il fatto che la Red Bull non abbia nulla a che fare con la città di Lipsia, né con la Germania in generale.
(Fox)